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Smart working Empty Smart working

Lun 6 Apr 2020 - 16:21
DEFINIZIONI.

Smart Working (qui di seguito SW) può essere tradotto (non proprio letteralmente) con Lavoro agile. E’ un modello di lavoro. Come possiamo definirlo? E’ una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. (cfr. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Legge 22 maggio 2017, n. 81 “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.” Su gazzettaufficiale.it, 13 giugno 2017.
Alla definizione data di SW dalla succitata legge, aggiungo quella fornita dal prof. Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del  Politecnico di Milano, secondo cui SW significa telelavoro in ottica più intelligente, con la messa in discussione dei tradizionali vincoli legati a luogo e orario, lasciando alle persone una maggiore autonomia nella definizione delle modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Autonomia, flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio.
Infine il Chartered Institute of Personnel and Development definisce lo SW come approccio all’organizzazione del lavoro finalizzato a guidare una migliore efficacia ed efficienza nel raggiungimento degli obiettivi attraverso la combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione, puntando sull’ottimizzazione degli strumenti e delle tecnologie e garantendo ambienti di lavoro funzionali ai lavoratori.
Si noti che l’esperienza di queste settimane di isolamento, non può definirsi SW in quanto è assente un suo elemento fondamentale: quello della facoltà di scelta; noi siamo infatti..forzati a stare a casa, e quindi viene meno in questo nostro impegno on line l’elemento fondamentale dello SW: la discrezionalità.
Telelavoro (conosciuto nei paesi anglosassoni come “Telework” o, nella versione americana, come “Telecommute”, vale a dire telependolarismo, cioè possibilità di sostituire gli spostamenti fisici con il trasferimento telematico) può essere definito come modalità di lavoro, indipendente dalla ubicazione geografica dell'ufficio o dell'azienda, facilitato dall'uso di strumenti informatici e telematici e caratterizzato da flessibilità nell'organizzazione e nella modalità di svolgimento.
Non deve essere fatta confusione fra SW e TL in quanto il lo SW rappresenta il modello concettuale teorico in cui si prescinde dal tipo di prestazione lavorativa e dalla postazione fisica, mentre il TL attiene alle modalità operative di una prestazione lavorativa da svolgere secondo precisi canoni ed in postazione fissa.
 
I RISPARMI DEL SW.
Le ore giornaliere che ci restano a disposizione, al netto di quelle lavorative, è senza dubbio maggiore di quelle che si hanno con il lavoro tradizionale. Posso infatti svegliarmi con calma e dopo la colazione sono già al lavoro. Sono eliminati i viaggi ed i collegati stress e spese. Ogni giorno posso mangiare comodo e con calma i cibi sani che preferisco, che non sono certo quelli della mensa aziendale e del fast food sotto l’ufficio. Anche l’abbigliamento non è più un problema come quando mi preparo ad uscire di casa per andare al lavoro: ora lavoro vestito in maniera semplice e se non scado nella sciatteria è solo per il rispetto dei miei familiari...
 
L’IMPORTANZA DELLE PAUSE.
Oltre ai risparmi monetizzabili (viaggi, abbigliamento..) ci sono anche quelli attinenti la sfera mentale. Lo SW attiva la creatività dei singoli, quella creatività che spesso all’interno dell’ azienda è frenata. Nello SW c’è una migliore flessiblità del lavoro che impatta anche sulla creatività. Durante il telelavoro di questi periodi, posso dire ai miei interlocutori: “Ragazzi, un attimo di pausa, vado al frigo che ho sete” ed ecco che ho, quando voglio, la mia pausa caffè. In questi momenti di pausa la mente elabora e chi è collegato con me, a loro volta, elaborano. Le pause nello SW sono fondamentali: è quello che qualcuno chiamava un tempo “ozio creativo”. Questo corona virus mi ha fatto capire quanto importanti siano le pause e le latenze. In ufficio c’è il capoufficio che ti guarda e ti inquadra, tipico nella imprenditorialità italiana e non solo, e questo è un limite culturale. L’imprenditore, come il manager o il capufficio, ti guarda, ti osserva per controllare visivamente se lavori e produci; e l’attenzione si focalizza non tanto sulla qualità quanto sulla quantità oraria del lavoro svolto. Viceversa, in determinati momenti della giornata, tu potresti leggere un libro o irrigare gli alberelli in giardino e rendere più qualità al tuo lavoro.
 
LA SOCIALITA’.
Si obbietta che con lo SW viene meno l’elemento della socialità: pranzare insieme ai colleghi, prendere un caffè o cose simili.. Ci mancano, in questo isolamento forzato (che, come abbiamo detto più sopra non è vero SW) alcuni aspetti, i più gradevoli forse, del nostro abituale lavoro: quelli che attengono alla socialità. Tuttavia l’esperienza che stiamo vivendo in queste settimane è importantissima: proprio la mancanza della tradizionale socialità ci porta a sperimentare modi diversi di stare assieme. In questi giorni stanno fiorendo sui canali socials esperienze e best practice meravigliose, in cui le persone riescono a trovare modalità dello stare insieme, che sono modi molto più creativi di quanto può scaturire da un “ape” o da un happy hour. Molti (partecipando a teleriunioni, chat su gruppi wa, su gruppi FB etc), affermano:“mai mi sono visto e sentito così tanto e con tanti amici, e mai mi sono sentito così unito e così vicino ad altri come in questi momenti”. In poche settimane il Paese intero, e non solo, sta facendo un percorso di digitalizzazione e di autoformazione che, in altre circostanze, avrebbe richiesto anni.
 
ACCUSA DI LAVORO ELITARIO.
“..ma questo telelavoro” si dice “è appannaggio esclusivo di una piccola elite di persone che possono permettersi tutto ciò. Se non ci sarà chi zappa la terra, chi rifornisce gli scaffli nel supermercato, chi toglie la spazzatura dalle strade, il mondo collasserà. Del lavoro che può essere svolto a casa si può fare a meno, dei restanti lavori, no.”. A tale riguardo il prof. E. Fleischner ricorda il progetto “zappa2.0” (conosciuto da qualche anno ai giovani che frequentano le facoltà di agraria) secondo cui con un cellulare od un tablet in mano si ordina al robottino di andare ad arare il campo. Sappiamo bene che non siamo arrivati a questo punto, sappiamo che ancora i pomodori nei campi si raccolgono solo con le mani dei lavoratori a volte in mezzo al fango, ma la strada è segnata: telelavoreremo tutti, telelavoreremo tutti e meglio grazie allo smart working, che vuol dire ogni tanto incontrarsi e socializzare. Stiamo parlando in questi giorni di “distanziamento sociale”, sarebbe invece il caso di volgere in positivo questo concetto, parlando di “socializzazione a distanza” perché è questo che si fa.
 
S.W. NELLA P.A.
Al fine di adottare in maniera diffusa e capillare i principi dello SW, la P.A. deve dotarsi di un alto livello di digitalizzazione dei procedimenti e delle pratiche, un’ottima organizzazione del personale, ed una programmazione virtuosa. E’ fondamentale che, in ogni settore della P.A. avvenga il confronto in maniera programmata fra dirigenti ed altri dipendenti sulla programmazione quotidiana, sullo stato dell’arte, e sul raggiungimento degli obiettivi prefissati.
 
I TIPI DI DIGITAL DIVIDE.
Il digital divide (divario digitale esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione e chi ne è escluso, in modo parziale o totale) in Italia è un problema tanto grande quanto variegato. Il digital divide è economico quando, ad esempio, una persona non dispone del denaro sufficiente per acquistare un pc, un tablet, una stampante. IL digital devide può essere di tipo operativo: una persona non è in grado, pur possedendo hardware e software necessari, di fare determinate operazioni (usare email, partecipare a chat, registrarsi ad un forum, iscriversi ad una teleconferenza).Il digital divide può essere di tipo culturale (la persona che rifiuta aprioristicamente il digitale, affermando che il digitale non è materia che fa per lui, che attenderà che l’attuale pandemia passi, che tornerà nel mondo attivo quando il corona virus se ne sarà andato..). C’è infine il digital divide della P.A. che è drammatico in Italia (basti pensare ai recentissimi episodi..) ed anche il digital divide imprenditoriale (l’imprenditore e il manager che si oppongono al telelavoro in forza della convinzione che con esso si produce meno..).
 
SUPERAMENTO DEL DIGITAL DIVIDE.
Il digital divide si supera anche con la contingente necessità. In Italia ora, e forse anche inconsapevolmente, stretti e costretti da questi necessari obblighi di isolamento, si sta facendo un salto culturale davvero enorme: le persone si sono trovate a dovere lavorare a distanza e molte di esse hanno capito che i loro pregiudizi erano malfondati. Questo non ci deve incoraggiare alla improvvisazione, ma ci deve rendere più consapevoli che va iniziato e completato un intero percorso. Le aziende e le P.A. che avevano già intrapreso questa strada (meglio per loro), si sono in questo periodo trovate resilienti, cioè in grado di poter reagire in modo veloce e lo stesso dicasi per le famiglie. Chi invece ha dovuto improvvisare ha quanto meno acquistato la consapevolezza dell’importanza di farsi trovare pronti. La “nuova normalità” che ci attende al temine di questo tribolato periodo, sarà del tutto diversa da quella esistente fino all’inizio del corrente anno, perché il nostro modo di lavorare dovrà obbligatoriamente tenere conto di questa esperienza. Tutti in queste settimane stanno digitalizzandosi, senza differenze di genere e di età: chi prima non riusciva a fare neanche un click, ora lo sa fare, e così via. Riusciremo ad investire questo enorme momento didattico di massa che avviene in Italia e nel mondo? Si, questo avverrà, con certezza: usciremo da questo momento, ci saranno altre emergenze, e sapremo fare tesoro di questa esperienza, diventando tutti più resilienti grazie al digitale.
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